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Lavoro intermittente come alternativa al tempo determinato


dr. Andrea Mancini · 10 Dicembre 2018


Con l’entrata in vigore della Legge n° 96/2018 (Decreto Dignità) sono stati introdotte notevoli limitazioni all’uso del contratto di lavoro a tempo determinato.

Una valida alternativa a questa tipologia contrattuale potrebbe essere il contratto intermittente a tempo determinato. Il contratto denominato “lavoro intermittente o lavoro a chiamata” è un modello di lavoro subordinato con il quale il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro per svolgere prestazioni di carattere discontinuo o intermittente.

Può essere stipulato nei seguenti casi: – casi previsti dalla contrattazione collettiva (sia nazionale che di secondo livello), anche per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno (week-end, ferie estive, vacanze pasquali o natalizie), oppure – in assenza di previsione contrattuale può essere attivato per le occupazioni espressamente previste dalla legge, oppure – indipendentemente da una previsione contrattuale o di legge, le parti possono stipulare sempre tale contratto di lavoro in base al requisito anagrafico del lavoratore con soggetti con più di 55 anni di età o con meno di 24 anni di età, fermo restando che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età. In ogni caso è vietato il ricorso al lavoro intermittente o a chiamata nei seguenti casi: 1) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; 2) presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente; 3) presso unità produttive nelle quali è operante una sospensione del lavoro o una riduzione di orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente; 4) per i datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.


Con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore, con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di lavoro effettivamente prestate nell’arco di 3 anni solari.


Il contratto intermittente può essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato e con o senza “garanzia di disponibilità”.

Con la “garanzia di disponibilità” il lavoratore si obbliga a restare a disposizione del datore di lavoro per effettuare prestazioni lavorative quando richieste in cambio di una indennità di disponibilità.

Senza “garanzia di disponibilità” il lavoratore non si impegna contrattualmente ad accettare la chiamata del datore di lavoro e ha diritto solo alla retribuzione per il lavoro effettivamente prestato.


Per concludere, il contratto intermittente a tempo determinato non è soggetto ai limiti previsti per il contratto a tempo determinato ordinario.


Precisato quanto sopra, la stipula di un contratto intermittente, senza che sia oggettivamente visibile una discontinuità della prestazione lavorativa, può inficiare il contratto stesso e ritenere che si siano volute bypassare le regole stringenti del contratto a tempo determinato ordinario, stipulando un contratto intermittente senza l’effettiva necessità insita a detto contratto.


Quindi è il caso di valutare l’utilizzo di questo contratto esclusivamente laddove l’azienda svolga attività saltuarie che possano rispettare l’intermittenza della prestazione lavorativa.

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